I Commercialisti e l’ecosistema
E’ stato pubblicato recentemente sulla prestigiosa rivista Harvard Business Review un nuovo contributo di Michael G. Jacobides, professore di Strategia alla London Business School, nel quale possiamo trovare importanti spunti che mi consentono di meglio spiegare la ratio del mio progetto di rete di consulenza. Scrivo questo articolo non tanto per i nuovi lettori – che pure sono felice inizino a conoscermi – quanto per le molte decine di commercialisti (ormai abbiamo passato abbondantemente il centinaio) che negli anni hanno frequentato il mio corso MasterBANK ©.
La ragione è che molti di loro, in queste ore, mi stanno confermando il loro interesse di proseguire con un corso altamente specialistico di strategia, Strategic Friday, e voglio così fornire loro qualche spunto sul senso del nostro comune progetto di consulenza.
La tesi
Quando Nestlè lanciò Nespresso, la sua capsula singola per caffè espresso, sapeva che gli utilizzatori avrebbero avuto bisogno di macchine specificatamente disegnate per funzionare con quella capsula. Così, coltivò un gruppo di produttori; aveva appena creato un ecosistema.
Possiamo definire un ecosistema un network orchestrato che offre prodotti e servizi compatibili.
Chi ragiona – come me – in questa logica, capisce che la singola impresa, come l’abbiamo sempre conosciuta, non è più facilmente un attore strategico. Al contrario, la collaborazione con molte altre imprese crea un ecosistema.
Perché funzioni, servono tuttavia – scrive Jacobides – tre condizioni.
La prima è il ridimensionamento dei meccanismi protettivi.
Il secondo è la sfocatura della separazione tra prodotti e servizi.
Il terzo è l’uso della tecnologia, che può rivoluzionare la logica di rete.
Applicazione alla nostra rete di consulenza
Come sanno tutti i commercialisti che hanno seguito il mio corso, lo scopo del corso non è fare formazione, ma andare insieme, con una struttura di rete, a far consulenza sul mercato. E’ meno probabile che le singole imprese riescano – scrive Jacobides – a soddisfare i bisogni del cliente. Così, un ecosistema può superare i confini stretti tra le imprese e anche le distinzioni tra prodotti e servizi. Quando io studiavo il mio progetto anni fa, avevo già in mente queste considerazioni. Al fine di dimostrarvelo, esaminiamo le tre condizioni.
La prima: occorre ridimensionare l’importanza dellebarriere protezionistiche di un mercato. Già ho scritto innumerevoli articoli sul cambiamento del mercato e sul fatto che un ordine professionale possa far poco per arginare movimenti enormi, epocali, internazionali.
La seconda: occorre considerare la sfocatura tra prodotti e servizi. Nel nostro ambito, la consulenza, è molto difficile separare la conoscenza teorica rigorosa dalla sperimentazione aziendale pratica. Allo stesso modo, è difficile separare il prodotto consulenza dal servizio di formazione, che a sua volta viene orientato ai bisogni del cliente, il quale spesso viene da noi informato, anche in termini cognitivi. Non vendiamo un prodotto di consulenza, ma risolviamo problemi aziendali in logica taylor made.
La terza: l’uso della tecnologia in logica di rete fornisce nuovi strumenti. In questo momento stesso in cui scrivo, io sto monitorando il lavoro di almeno tre gruppi di chat di commercialisti già miei allievi del corso, che non si vergognano del termine “allievo”, come io a mia volta non mi vergogno di imparare cose che non conosco dai miei maestri. Questi, e molti altri strumenti professionali sono operativi e stanno creando un network operativo sia sulla consulenza, sia sulla formazione, in logica professionale.
Come vedete, cari allievi commercialisti – so benissimo che non vi offendete, perché sapete lo spirito affettuoso del termine – il mio progetto è stato pensato strategicamente anni fa, avendo presente l’evoluzione delle linee guida strategiche mondiali.
Economic-Focused Framework
Non traduco l’espressione inglese, perché rischierei di perdere il significato. Ecco cosa io voglio creare in Italia, e cosa voi state già realizzando. Si tratta di una strategia focused (cioè focalizzata) in un sistema di rete economico.
Solo chi ha già seguito il mio corso di finanza aziendale operativo può comprendere il senso di tale affermazione. Ma, per realizzarlo, occorrono cinque condizioni. Oggi, in questo articolo, risponderò solo alla prima domanda.
Se registrerò da parte vostra interesse – sono certo me lo farete sapere nei nostri molti canali di comunicazione di rete – allora commenterò anche i successivi.
Puoi aiutare la finanza a creare valore?
Alla fine, quando pensai al progetto MasterBANK© non avevo in mente un semplice corso di formazione.
Tutt’altro; come molti di voi, ormai, hanno ben capito, anche perché diversi tra voi stanno facendo consulenza sul campo.
La mia domanda era: come posso creare valore in altre aziende?
Ora, semplicemente, sostituite nella domanda del prof. Jacobides la parola “aziende” con “studi professionali” e comprenderete meglio il mio progetto. In un ecosistema innovativo – stiamo parlando di progetti innovativi e sperimentali, a livello mondiale – aiutare le altre aziende è funzionale ad aiutare la propria. Ecco perché la logica del commercialista sotto casa, timoroso degli altri che possano “rubargli la contabilità” è lontana anni luce dal nostro progetto. Ecco perché noi investiamo per trovare nuovi clienti da affidare alla rete dei nostri commercialisti formati con le nostre tecniche e metodologie. Questi modelli non sono nuovi in assoluto, perché si stanno sperimentando.
Si pensi a Google’s Nest, nato per controllare un termostato e poi evoluto in mille altre potenziali applicazioni. Per comprendere queste considerazioni, occorre avere le basi di strategia, conoscere il modello delle cinque forze di Michael Porter e la sua evoluzione nella stesta forza.
Occorre conoscere il significato di “complements”, cioè di forze complementari. Se avete chiara questa nozione – che affronteremo insieme nel corso di strategia – allora capirete che voi, per me, siete prodotti complementari al mio .
Allora, così ragionando, capirete perché io non solo non ho “paura” del sapere che trasferisco ai “miei” amati commercialisti – sì, uso il termine amati per rispondere agli sciocchi che pensano che io parli male di loro – ma anche perché io sono entusiasta della loro crescita. Così ragionando, capirete gli insegnamenti di oggi di Jacobides, che mi confortano. Se tu non ti concentri sui bisogni del tuo partner (il prodotto complementare), allora
“Your ecosystem will wither in the vine”
Il tuo ecosistema apppassirà sulla vite.
Mai frase fu più azzeccata. Non importa quanto sia forte il tuo brand o la tua posizione di mercato. Ci saranno ragionevoli probabilità che qualcun altro offra un ecosistema più interessante del tuo.
Il fallimento di mercato di Nokia è un esempio.
Anche se – come insegno nel mio corso di strategia in Università – il sistema operativo Symbian stabilì inizialmente le regole del mercato, il crollo avvenne perché Nokia si concentrò sui propri problemi, e non su quelli dei clienti.
Trattò i partner complementari come subordinati, e gli sviluppatori e gli altri complementari saltarono sul carro di Android.
Conclusioni
Questo articolo non potrà essere compreso da chi mi legge per la prima volta, come sempre assalito dalla sindrome di San Tommaso.
L’ho scritto per le persone che mi hanno dato fiducia, i commercialisti, tantissimi, uomini e donne, che mi hanno seguito anche nella strategia perché mi hanno già conosciuto nella finanza.
Ritengo giunto il momento che essi sappiano che tutto il progetto ha un’anima razionale. Ma, anche, che il progetto che si apprestano a seguire al secondo livello, quello di strategia, si basa su un’anima empatica, basata sulla fiducia, sul rispetto reciproco, sul vedere le cose dall’alto, sull’etica e sui valori condivisi, sulla visione distaccata e positiva, sul vedere “the big picture”, il grande disegno.
Questo modo di ragionare non è fatto per gli uomini piccoli; piccoli non di fatturato, ma di cuore.
E, care dottoresse e dottori commercialisti che seguite il nuovo corso senza nemmeno sapere il programma – perché avete fiducia in me – ricordatevi sempre che io vi auguro, come auguro a me, di diventare persone ottuse.
Perché, l’angolo ottuso, è più ampio di quello acuto.
Ma questa conclusione è comprensibile solo alle donne e agli uomini che hanno deciso, con me, di percorrere un affascinante cammino per – ora ve lo posso dire – costruire un ecosistema.