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Cosa vuol dire rete di Commercialisti

Solo gli idioti pensano che, dopo il COVID, tutto tornerà come prima. Solo i diversamente intelligenti pensano che “andrà tutto bene”. Non andrà affatto tutto bene.

Studi scientifici di Mc Kinsey dimostrano che, a livello europeo, ci si attende un rischio default di una piccola e media impresa su due.

I commercialisti che pensano che sia possibile mettere la testa sotto la sabbia, faranno la fine dello struzzo. Solo che, in strategia, questo struzzo si chiama “the black swan”, ovvero il “cigno nero”; un evento di enorme impatto e di grande imprevedibilità.

In tale contesto, in futuro, periranno i piccoli studi solitari, non pronti ad un cambiamento epocale.

Al contrario, sopravviveranno e fioriranno i professionisti che, come si studia ad Harward e si può leggere nella rivista “Harvard Business Review”, iniziano ad applicare l’economia di rete.

In borsa è stato coniato l’acronimo

T.I.N.A.: There is no alternative.

Non c’è alternativa. Io dico che, nel mercato della professione, non ci sarà alternativa al gioco di squadra, alla rete. Chi sarà fuori, sarà solo, debole e non più competitivo. Io non parlo di cose teoriche, accademiche, ma di una rete pratica, professionale, già esistente e operativa in Italia.

Questa, è una storia di quella rete.

Potete contattare liberamente i commercialisti citati, se vi sentite San Tommaso.

Una storia professionale

Da diversi mesi, il dottor Roberto De Silvio, Commercialista in Roma specializzato finanziamenti d’azienda, cioè un Finanzialista ©, stava approfondendo con alcuni colleghi una ricerca, coordinata dal collega Commercialista in Palmi e Finanzialista © Dottor Giancarlo Coppola,  che era in cantiere da diverso tempo e di cui era stata raccolta, nel corso degli anni, parecchio materiale scientifico. L’occasione del lockdown è stata – nella disgrazia –  propizia, e ha anche consentito di approfittare per studiare il materiale raccolto durante  il lungo periodo di “clausura” cui i due colleghi erano stati costretti.

Ovviamente allo studio teorico portavano avanti anche la ricerca operativa, simulando quanto appreso dalla letteratura scientifica nei modelli Excel.

Durante questo periodo di ricerca, il Commercialista Dr. De Silvio stava lavorando ad un caso particolarmente controverso, che, con i modelli che il gruppo di ricerca aveva a disposizione, non riusciva completamente ad interpretare e che lo lasciavano con un margine di insicurezza particolarmente elevato. Durante una delle solite chiacchierate del gruppo di studio, in cui studiavamo la mole di letteratura scientifica che avevamo a disposizione, per portare avanti la ricerca, è venuta al dottor Coppola l’idea di applicare al suo caso specifico, il modello che stavano costruendo, seppure questo fosse ancora  in stato sperimentale.

Nel caso specifico, una micro impresa romana, operante nell’indotto del settore costruzioni, quindi in un settore particolarmente a rischio, era stata richiamata da tutte le banche, al contempo, per un problema grave e improvviso di Centrale Rischi. L’azienda si era rivolta a noi via web per una richiesta di assistenza e noi avevamo  incaricato per la consulenza un membro della nostra rete professionale; il Finanzialista dottor De Silvio, appunto. L’imprenditore non dormiva la notte, per la paura di revoca degli affidamenti; un problema molto comune, di questi tempi, e destinato a diventare critico tra pochi mesi, come effetto del dramma COVID.

Nel caso dell’azienda seguita dal Commercialista romano, l’interpretazione dei dati era controversa sugli score di Altman e di Damodaran: il primo classificava l’azienda nel range della “grey zone”, al limite però della zona “no risk”; Il Damodaran la classificava rating “B”. A questo punto il gruppo aveva pronto il modello “EM Score”, una evoluzione dello “Z Score” elaborata dallo stesso Altman negli anni 90 per i mercati emergenti. Questo indicatore però non ha fatto altro che aumentare l’incertezza, perché dava ai due commercialisti risultati completamente opposti ai precedenti indicatori.

L’esperienza del Finanzialista romano, sommata a quella del collega calabrese, diceva che qualcosa non quadrava. Gli indici di bilancio, e tutti gli altri parametri, presenti nel modello originale dei rating, confermavano la nostra percezione negativa. A quel punto i due studiosi hanno accelerato la costruzione di un altro modello di scoring: “l’Ohlson Score”  Elaborato dal Prof. James Ohlson, Docente di Analisi Finanziaria alla University of California – Berkeley, con il supporto della Wells Fargo Bank.

Sviluppare questo modello è stato particolarmente complesso per diversi ordini di motivi: 1) è poco conosciuto in Italia e quindi la  maggior parte della letteratura scientifica che reperibile è in lingua inglese, poco meno di 1.000 pagine; 2) Interpretare il punto di cut-off tra l’azienda considerata sana e l’azienda considerata a rischio non era ben comprensibile nel paper originale, (forse Ohlson è stato volutamente criptico), inoltre il materiale in italiano che abbiamo reperito ha messo i Finanzialisti fuoristrada perché alcuni autori hanno a loro volta confuso l’interpretazione del paper originale; 3) comprendere il funzionamento del passaggio dallo score alla Probabilità di Default è stato un ulteriore scoglio. Su questo i due colleghi Finanzialisti si sono confrontati su una posizione che avevamo diversa e che in prima battuta li aveva messi fuoristrada, facendo loro crescere il dubbio che il modello di Ohlson fosse sballato o fosse sballata la loro  interpretazione del funzionamento. Per farla breve il collega romano riteneva, basandosi sull’esperienza del MCC che una probabilità di default superiore al 10/15% fosse già molto elevata al contrario di quanto viene fuori dall’O-Score che posiziona l’asticella su un livello molto più alto.

Molti commercialisti sottostimano, a sentire questi racconti, le difficoltà cui i due colleghi hanno dovuto fare fronte per tradurre tutto quanto in formule Excel, alcune di particolare difficoltà, che hanno richiesto l’uso di funzioni matematiche davvero non usuali nel normale uso di Excel. Si prenda, ad esempio, la mera creazione del cruscotto. In Excel quel grafico non esiste, è necessario costruirlo a mano, combinando più grafici e calcolando a mano, con carta, penna, calamaio e calcolatrice i parametri necessari per farlo funzionare.

La formula precedente, potrebbe apparire banale, ma per riuscire a far funzionare automaticamente, l’inserimento della classe di rating nelle caselle G, H, I e J della riga 49, è necessario conoscere approfonditamente le funzioni di Excel e, nonostante ciò, i due colleghi sono impazziti 3 giorni per trovare la quadra giusta, perché nonostante conoscessero l’uso della formula “cerca.vert” il modello non funzionava, funzionava al contrario, fino a quando non hanno avuto l’intuizione di invertire l’ordine dei valori delle colonne C e D mettendoli in scala dal minore verso il maggiore, al contrario di come sono rappresentati nel paper originale di Altman. Inoltre, poiché la funzione “cerca.vert” non funziona con valori non determinati, quindi i valori > di 8,15 e < di 1,75, non venivano classificati in automatico dalla funzione matematica ed è stato necessario anche combinare una serie di “SE” nidificati.  Tali difficoltà sono state amplificate anche dal fatto di far colorare del corrispondente colore la casella del risultato.

Questa è la formula di Ohlson; ebbene, potrebbe sembrare semplice prendere le variabili e metterle in excel, ma prima è necessario capire come funziona, e dal paper e dagli altri materiali scientifici che i due colleghi hanno  studiato, non era affatto chiaro. Certo cosa sono i Total Asset o il Working Capital i Finanzialisti lo sanno, ma è stato necessario comprendere se il Total Asset o il WC o gli altri parametri coincidono con le variabili come le intendiamo noi Finanzialisti e dove non coincidono apportare le necessarie rettifiche. Tra l’altro in questa formula ci ha messo in difficoltà la prima variabile: il log(TA/GNP). Ohlson e tutti gli altri autori che sono stati studiati per risolvere il problema, danno tante cose per scontate e assolute e non è stato facile capire che il GNP non è quello che noi comunemente intendiamo il PIL, ma invero il Deflatore del PIL. DI qui, è venuto fuori un altro problema: Ohlson ha testato il modello con le aziende americane e quindi ha usato il Deflatore del PIL USA, ma il modello funzionerà con il deflatore del PIL italiano? Quindi è stata necessaria una serie di prove e controprove, ricerche scientifiche per verificare se e come il modello è stato usato in Italia (nessuno lo ha usato) o in altri paesi al di fuori degli USA…

Alla fine del lavoro di ricerca scientifica questa è la formula che traduce il paper di Ohlson in materiale pratico su Excel. Vabbè – direte voi – è solo una serie di somme e moltiplicazioni. Certo, ma provate a dimenticare una variabile, o come è successo ai due colleghi, di non inserire la costante, perché Olhson nel suo paper la inserisce solo al primo anno (dando per scontato, ovviamente per lui, che ci va anche negli anni successivi). Così facendo il modello ovviamente funziona, ma con risultati assolutamente difformi e incomparabili e il problema è che non lo saprete mai se non fate centinaia di test, con valori diversi, che normalmente non compaiono nei bilanci delle imprese, ma si deve tenere conto anche dell’imponderabile. Ed è con l’imponderabile che sono venuti fuori i bug e gli errori che i due Finanzialisti italiani avevano commesso. Ma se si fossero limitati a provarlo una o due volte con i dati di un bilancio normale, le formule sballate non le avrebbero, mai, potute scoprire.

Questo è un insieme di formule che serve a far funzionare il cruscotto; alcuni dei valori nelle celle F,G e H dovevano essere calcolati a mano con carta, penna e calamaio e fare, ovviamente, una serie di test di funzionamento,. Poniamo ora l’attenzione alle formule che determinano i valori di X e Y (celle J e K). È necessario fare uso di funzioni trigonometriche che normalmente il Commercialista “usa tutti i giorni”; o no?.  L’interrogativo è, palesemente, sarcastico, e destinato a quei pochi commercialisti i quali, in rete, senza nemmeno capire di cosa stessero parlando, hanno commentato un mio video nel quale intervistavo l’imprenditore e il dottor De Silvio, con il commento: “ma che ci voleva? Bastava chiedere il bilancio al Commercialista!”.

Non commento la pochezza dell’uomo, quando, per non ammettere la propria inscipienza, apre vanamente la bocca. Osservo, invece, come i due ben più umili colleghi siano ovviamente dovuti andare a rispolverare i testi universitari di analisi matematica per ricordare come funziona seno e coseno, e cosa siano e come si applicano i radianti.

In alcune parti del lavoro di ricerca, i due commercialisti Finanzialisti hanno dovuto farsi assistere da un terzo collega, il dottor Luca Salvetti, cadetto Finanzialista del Corso Masterbanbank ©, che li ha aiutati a risolvere alcuni passaggi particolarmente complessi per tradurre in Excel alcune formule molto ostiche.

Conclusioni

Volete sapere come è finita la storia?

I tre colleghi hanno lavorato all’unisono, gratuitamente, per mettere a disposizione del collega romano (e in futuro degli altri membri della rete nazionale) una soluzione operativa sul mio modello di sistemi di rating sintetici estremamente innovativa, che ha testato un lavoro di ricerca di gruppo durata molti mesi, su molti bilanci della rete nazionale forniti dai colleghi.

Il collega romano ha così presentato alle banche, insieme all’imprenditore, relazioni estremamente evolute, atte a dimostrare, unitamente a piani di sviluppo, la capacità dell’azienda di reggere i rating bancari e stare sul mercato, garantendo la capacità sdebitativa del debito.

L’imprenditore, aiutato e formato dal Finanzialista, ha saputo parlare da solo in banca, motivando le proprie richieste, forte della documentazione fornita. Le banche hanno particolarmente apprezzato il valore tecnico del lavoro, al punto non solo da non richiedere il rientro dei fidi, ma da garantire all’imprenditore nuova finanza. L’imprenditore ha pagato volentieri la parcella dell’intervento professionale, perché non l’ha visto come un mero adempimento obbligatorio, ma come un intervento che gli ha letteralmente salvato l’azienda.

Tutto questo racconto è stato documentato in un video, nel quale l’imprenditore e il Finanzialista, insieme, raccontano la storia e l’imprenditore precisa perché, nonostante egli avesse un Commercialista di famiglia, questi, essendo un semplice Commercialista, non specialista di questa materia, mai avrebbe potuto risolvergli il problema.

Dall’altro, il Commercialista romano, oggi Finanzialista ©, serenamente ammette nel video che egli, se non avesse seguito il corso MasterBANK ©, non solo non avrebbe avuto l’opportunità di ricevere questo incarico, ma mai sarebbe stato in grado, in precedenza, di svolgerlo.

Peraltro, tutti i protagonisti di questa storia hanno lavorato insieme, senza invidia, senza spocchia, senza sospetti reciproci, senza parrucche e senza rivalità, ma con spirito di gruppo professionale.

La morale di questa storia è che la rete, il lavoro di rete, la logica di squadra, funziona.

Sorrido a leggere i commenti, invidiosi, dei solitari commercialisti negazionisti che, a sentire le parole dell’imprenditore, commentano, disprezzando l’enorme lavoro tecnico sottostante: “ma non bastava chiedere al proprio Commercialista il bilancio?”.

Non dum matura est; non è ancora matura, diceva l’autore latino Esopo nella favola della volpe e dell’uva che studiavamo da ragazzi, a indicare il comportamento della volpe che, essendo incapace di raccogliere il grappolo, cercava di convincere sé stessa del fatto che, appunto, non fosse maturo.

Continuate pure a ragionare così e a non aver rispetto per l’umiltà di un collega che prima ammette socraticamente di non sapere, poi studia una materia estremamente tecnica e poi lavora in squadra per raggiungere risultati professionali nemmeno lontanamente sognabili ai più.

Un giorno, dopo il COVID, penserete che tutto andrà bene, e starete pomposamente in studio ad aspettare che qualche vostro cliente piccolo imprenditore vi venga ancora a chiedere il “bilancio da portare in banca”.

Nel mentre, quel piccolo imprenditore si sarà dato da fare per risolvere il proprio grave problema.

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