Come un Commercialista deve valutare l’investimento di un suo cliente
Chi mi segue sa che per decenni ho seguito corsi di specializzazione in varie città d’Italia sul tema della valutazione di investimenti.
Ho acquistato e studiato volumi interi di materiali, spesso in lingua inglese, peraltro molto ben fatti, con autorevolissimi relatori che tenevano la lezione il sabato, ma, il lunedì mattina, mi facevo sempre questa domanda: “Cosa dico ad un mio cliente che mi chiede consigli sull’acquisizione di questa, o quella, azienda. perché ritiene che sia un affare?”.
Oppure cosa dico al piccolo imprenditore ai cui è stato proposto di prendere la quarta pizzeria, o a quell’altro che ha letto su una brochure che se fa un certo investimento ha un rendimento è del 34%?.
Con il materiale che avevo in mano, e per cui avevo pagato anche cifre importanti, la risposta era che non avrei potuto dire nulla (ed è per questo che anni dopo ho deciso di mettere sul mercato il mio corso MasterBANK per evitare che i Commercialisti perdessero, come me, tempo prezioso).
Casi in cui urge una risposta rapida, e difficile, ne vedo tutti i giorni, e spesso la posta in gioco per gli imprenditori (tra terreni, capannoni e garanzie immobiliari) è un valore stimabile magari in due, tre, quattro milioni di euro, e si comprende bene come una risposta autorevole sia doverosa e, se la dai, sarà ben retribuita e ricercata sul mercato della consulenza.
Il problema di un Commercialista è che, in materia finanziaria, non può rispondere (se non vuol perdere il cliente) con un generico “secondo me”, ma con i numeri. Il cliente che sta per investire considerevoli risorse finanziarie non si accontenta di un parere dettato dal buon senso, dalle conoscenze giuridiche o fiscali, dal raziocinio commerciale, ma pretende calcoli molto puntuali di rendimento.
Finanziario, sia chiaro, non reddituale.
Il problema, lo dico essendo stato valutatore dall’altra parte della barricata, in banca, è che i business plan sono solitamente presentati in Italia in logica reddituale classica.
Cosa non va bene per l’intermediario finanziario, la banca, il fondo di investimento, il finanziatore in genere?
Nel presentare un business plan in logica reddituale comporta una serie di problema:
- Il fatto che tale ragionamento pretenderebbe il finanziamento del caso presentato sulla base dell’assunto che l’EBIT sia maggiore degli interessi passivi. Tale logica, per ragioni che ci porterebbero a una digressione teorica che non può aver spazio in questa sede, è del tutto irrilevante, per chi ragiona in logica di finanza. Questo è il primo errore, nella logica del finanziatore esterno.
- Il secondo errore, ancora più grave, è che tale tipo di ragionamento non fornisce alcun elemento atto a prendere la decisione, nella logica dell’investitore interno. Pertanto, la risposta che deve fornire il commercialista al cliente, in primis, e al finanziatore, in secundis, verte sulla redditività finanziaria dell’operazione, che ovviamente dipende da parametri di matematica finanziaria.
Tale risposta deve tener conto di precise regole e non può essere improvvisata. Soprattutto, serve uno strumento, costruito in logica taylor made, che dia al commercialista uno strumento di controllo, un cruscotto, un dashboard, di questo tipo:
I dati riportati nell’immagine sopra, che sono ripresi da uno strumento esclusivo che rendo disponibile ai partecipanti del mio corso MasterBANK (dove fornisco tutti gli strumenti informatici necessari allo specialista di finanziamenti d’impresa, pronti all’uso ed in formato aperto), richiedono una spiegazione e quindi vediamo di commentare, punto per punto.
Il vantaggio di un cruscotto di tale genere, che opera in tempo reale mediante una semplice modifica dei value driver, consente risposte immediate, anche durante un colloquio telefonico: una vera rivoluzione per il Commercialista fino ad oggi in difficoltà.
Il Commercialista, durante le analisi e la consulenza, necessita di una sola tabella organica con tutti di valori di sintesi (basati su complessi calcoli strutturali), che termina con un parere di tipo:
- To go / not to go decision
Dietro al funzionamento di un modello del genere circola ovviamente una struttura di tipo what if, consentendo in tempo reale di ragionare in riunione, ma anche, come detto, in remoto, verificando la convenienza dell’operazione al variare delle variabili del data entry nei value driver.
Esistono quindi due modelli che propongono diverso approccio:
- Il modello tradizionale basato sulla logica del business plan tradizionale
- Il modello di valutazione finanziaria degli investimenti
Non si sta argomentando in questo articolo che il primo sia inutile; al contrario. Si afferma che il primo modello sia, in logica matematica, condizione necessaria e non sufficiente. In altri termini, il problema ha soluzione se e solo se il consulente è in grado di sviluppare sia il primo, sia il secondo modello.
Il secondo modello, infatti, presuppone il primo. Ma vediamo quali diverse e sostanziali informazioni fornisce al commercialista il modello di valutazione investimenti:
- Totale investimento: ovviamente, la prima informazione, che spesso si deve cercare nelle centinaia di pagine di un business plan, è la sommatoria delle varie categorie di investimento. Chi ragiona in logica finance – si sappia – ama le somme e non i dettagli
- Totale investimento ammortizzabile: interessa perché è un valore sul quale, nel modello, sono costruiti i piani di ammortamento dell’investimento, che condizionano valori reddituali e non finanziari
- Debito (D); il valore del debito finanziario correlato all’investimento è un parametro nodale, attorno al quale girano molti ragionamenti, sia sul leverage, sia sul piano di ammortamento del finanziamento, sia sui flussi di cassa
- Incidenza standard costi su ricavi: è un parametro normalizzato di struttura di valore aggiunto, che consente di stimare la redditività economica conto economico standard
- Utile netto: su conto economico standard
- EBIT: valore fondamentale di analisi finanziaria
- EBITDA: valore fondamentale di analisi finanziaria
- NPV: sintesi del valore finanziario dell’investimento in logica Entity
- IRR: sintesi del tasso interno di rendimento in logica Entity
- NPV equity: sintesi del valore finanziario dell’investimento in logica Equity
- IRR equity: sintesi del tasso interno di rendimento in logica Equity
- ADSCR min (target): valore minimo di average debt service cover ratio concordato con intermediario
- Pay back period: parametro indispensabile ad analisi di tipo what if
- ADSCR (effettiva): valore indispensabile per valutazione di finanziabilità
Naturalmente, in questo articolo si offre solo il focus finale del documento (visita www.masterbank.it per avere una visione completa degli strumenti che deve avere chi fa consulenza in finanziamenti d’impresa), ma è centrale avere le idee ben chiare di quale sia l’obiettivo della consulenza finanziaria.
Il Commercialista che doti il proprio studio di uno strumento di valutazione degli investimenti di questo genere, si pone sul mercato come un professionista in grado di fornire al cliente le informazioni che il sistema bancario chiederà nell’immediato futuro ai propri clienti (piccoli e grandi). Basta studiare cosa sta succedendo sul mercato bancario italiano nelle logiche di fusioni per incorporazione delle banche di minori dimensioni per comprendere che tali strumenti soddisfano le esigenze di aziende di qualsiasi dimensione.
La logica qui presentata è quella destinata a diventare il parametro normale di riferimento in ogni operazione di finanziamento, sia con capitale di debito, sia con capitale di rischio, sia con capitali ibridi, per qualsivoglia tipologia di operazione, senza considerare che in tal modo il Commercialista, oltre a fornire un documento strutturato atto a sostenere il proprio parere professionale, è in grado non solo di dare risposte per l’intermediario finanziario, ma, in primis, di dare un parere autorevole e fondato al proprio cliente.
Certe volte sarà meglio di al cliente di rinunciare ad un investimento: basterà saperlo motivare adeguatamente.