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Come capire quando la strategia non è davvero una strategia

Riflessioni sulle basi del successo aziendale 

Questo weekend abbiamo lavorato, c’è stata un’emergenza, abbiamo dovuto incontrare il presidente di una piccola società di costruzioni. Avevano realizzato una lunga fase di pianificazione strategica, culminata in un documento che descrisse con entusiasmo come “una visione per il futuro dell’azienda”, e avevano cercato di applicare quei concetti alla gestione aziendale. Tuttavia, i risultati raccontavano una storia diversa: l’azienda era sotto pressione e invece di guadagnare terreno, arrancava, lottando con una strategia che sembrava non adattarsi alle sfide del mercato.

Entrando nel merito, esaminammo il documento che si era portato dietro. Era ben scritto, dettagliato e chiaramente ambizioso. Ogni area aziendale aveva contribuito con le proprie priorità e progetti, ma il problema era proprio lì: La disconnessione tra il piano strategico e la realtà operativa era evidente, ma non ancora chiara a chi l’aveva sviluppata. La strategia non sembrava rispondere a una domanda unificante, né collegare chiaramente gli sforzi delle diverse aree. Era una lista di desideri, non un piano coordinato.

Nel panorama aziendale moderno, la parola “strategia” viene spesso abusata, confusa e semplificata a semplici slogan. “Abbiamo una strategia per diventare leader di mercato” o “La nostra strategia punta a soddisfare il cliente al 100%” sono affermazioni che, a prima vista, sembrano ambiziose e promettenti. Tuttavia, queste dichiarazioni, da sole, non costituiscono una strategia. Al contrario, rivelano un malinteso fondamentale: la confusione tra obiettivi, iniziative e una vera, concreta, strategia aziendale. 

 

Cos’è la strategia?

Ma cos’è, quindi, una strategia? È utile partire da ciò che non è. Non è un elenco di obiettivi o di buone intenzioni. Non è nemmeno una collezione di progetti, magari incoerenti tra loro, che speriamo possano portarci al successo. E soprattutto, una strategia non può essere ridotta a un documento ricco di parole, ma povero di una direzione chiara e realistica.

Molte aziende cadono nella trappola ricorrente di confondere un piano operativo con una strategia. Si tratta di piani pieni di dettagli, ma privi di una visione unificante. Ad esempio, un’azienda potrebbe fissare obiettivi come “espandere il portafoglio clienti” o “ridurre i costi di produzione”, senza mai chiedersi come questi obiettivi siano collegati tra loro e quale impatto avranno sull’intera organizzazione.

 

Gli errori

La conseguenza è che le risorse – umane, finanziarie e tecnologiche – si disperdono in mille iniziative, molte delle quali non portano a risultati tangibili. Peggio ancora, manca una risposta chiara a una domanda fondamentale: Perché stiamo facendo questo?

Un altro errore ricorrente è l’assenza di priorità. Quando tutto sembra importante, nulla lo è davvero. Ho visto aziende cadere in questa trappola, dedicando attenzione e risorse a una miriade di progetti, senza mai concentrarsi su ciò che davvero conta. Il risultato? Uno spreco di energie e, spesso, una perdita di fiducia da parte dei dipendenti, che faticano a vedere una direzione chiara.

Una strategia, per essere tale, deve partire da un’analisi onesta delle sfide e delle opportunità. Deve rispondere a tre domande fondamentali:

  • Qual è il problema o la sfida principale che vogliamo affrontare?
  • Quali sono le opportunità che possiamo cogliere per creare valore?
  • Come intendiamo affrontare il problema o cogliere l’opportunità?

Prendiamo l’esempio di un’azienda che opera in un settore maturo, con margini in calo e una crescente concorrenza internazionale. Una “non-strategia” potrebbe limitarsi a elencare obiettivi generici come “aumentare i ricavi” o “ridurre i costi”. Una strategia autentica, invece, partirebbe dall’identificazione della sfida principale – ad esempio, la necessità di differenziarsi rispetto ai competitor – e costruirebbe un piano coerente attorno a questa priorità. Potrebbe includere iniziative specifiche, come l’investimento in innovazione di prodotto o il miglioramento dell’efficienza operativa, ma sempre collegate a un obiettivo centrale: creare un vantaggio competitivo sostenibile. 

Un altro elemento essenziale di una strategia autentica è il tempo. Troppo spesso, le aziende cercano risultati immediati, sacrificando la sostenibilità a lungo termine. Una strategia efficace, invece, deve avere un orizzonte temporale realistico, solitamente di 12-18 mesi per le azioni operative e 3-5 anni per gli obiettivi di lungo termine. Questo permette di monitorare i progressi, aggiustare il tiro e mantenere l’organizzazione focalizzata.

Un’altra trappola è l’approccio eccessivamente teorico. Analisi infinite, grafici complessi, montagne di PowerPoint. L’analisi è cruciale, ma c’è un limite. Quando i dati soffocano la creatività, si perde di vista il vero scopo: prendere decisioni e agire. Una strategia vincente deve identificare le opzioni chiave e concentrarsi sugli ostacoli da superare, non restare intrappolata in un loop di pianificazione.

A volte, però, il problema è più culturale che tecnico. Pensiamo alla tentazione di accontentare tutti: i clienti, i dipendenti, il Consiglio di amministrazione. Si finisce con il creare strategie che non scontentano nessuno, ma che non sono nemmeno abbastanza forti da portare cambiamenti reali. Qui, il vero coraggio sta nel fare scelte nette, anche impopolari, basandosi su dati solidi e su una visione chiara.

Un altro errore diffuso è la tendenza a imitare i successi altrui. Copiare strategie che hanno funzionato per altre aziende sembra un percorso sicuro, ma è spesso un’illusione. Ogni azienda è unica, con sfide e opportunità specifiche. Non esistono soluzioni “pronte all’uso” che possano adattarsi automaticamente a contesti diversi.

Ancora, bisogna stare attenti a non cadere nella trappola dell’apparenza: strategie che puntano tutto su visioni spettacolari, ma che mancano di una struttura solida. Lanciare grandi idee senza pianificare il “come” porta inevitabilmente al fallimento. Una strategia deve essere viva, seguita nel tempo, monitorata e aggiustata in base ai risultati.

Infine, uno dei problemi più subdoli che possono minare una strategia aziendale è la mancanza di allineamento e di impegno all’interno dell’organizzazione. Questo fenomeno, metaforicamente descritto come “il cane che si morde la coda”, si verifica quando una strategia viene formulata, ma non trova né il supporto né l’attuazione necessari per avere successo. Il risultato è un circolo vizioso in cui le iniziative restano sulla carta, mentre politiche interne e conflitti bloccano qualsiasi progresso. Questo problema spesso deriva da un processo di sviluppo della strategia troppo isolato, condotto da pochi dirigenti senza coinvolgere i livelli operativi. Inoltre, se la strategia non è chiaramente comunicata e non viene percepita come rilevante dai dipendenti, rischia di essere vista come un esercizio teorico, piuttosto che come una guida pratica.

 

Razionalità

Come Finanzialista, siamo spesso chiamati a essere la voce della razionalità nel processo strategico.

Non ci limitiamo a leggere i numeri: analizziamo le risorse disponibili, valutiamo la fattibilità delle proposte e misuriamo l’impatto economico delle scelte. Tuttavia, il nostro contributo va oltre i calcoli. Aiutiamo le aziende a fare scelte informate, bilanciando ambizione e realismo.  Quando manca una vera strategia, l’azienda rischia di navigare a vista, perdendo opportunità e commettendo errori evitabili.

Come Finanzialista, abbiamo il compito di vigilare su questo processo, contribuendo con la nostra competenza e la nostra capacità di visione. Perché il successo, in fin dei conti, non è mai il frutto del caso, ma della capacità di scegliere, pianificare e agire con coerenza.

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